Cosa devono insegnare i fatti di Frassinelle

Il puzzle degli irregolari

Il puzzle degli irregolari

«Vandali in azione» titolano i giornali1. Il termine, ironia della storia, si rifà alle scorribande di una popolazione di ceppo germanico, i Vandali, che partiti dalle zone delle attuali Norvegia e Danimarca, tra il 400 a.c. passando per la Polonia, la Francia, la Spagna, finirono le loro migrazioni conquistando nel 435 d.c. Cartagine nel Nord Africa; è da lì che oggi partono molti dei migranti che arrivano in Italia. Se dovessimo attenerci al vocabolario il termine starebbe ad indicare “Chi distrugge o guasta, per gusto pervertito o per grossolana ignoranza e insensibilità” (Devoto Oli).

Difficile dire se il termine sia adeguato alla situazione. Potrebbe essere che in effetti si tratti di un gruppo di pervertiti, o di una banda di ignoranti insensibili. Certo, potrebbe essere. Ad uno sguardo un po’ attento, però, non sfugge che il fatto avvenga in un edificio che è destinato all’accoglienza di migranti e che la cosa, già nelle settimane scorse, ha suscitato polemiche e proteste.

Certo, si può non essere d’accordo con le modalità con cui i vari governi stanno gestendo da anni il fenomeno migratorio e le forme e dimensioni che ultimamente ha assunto. Si può ignorare quello che succede a sud del mediterraneo, o credere che chi emigra lo fa nell’intenzione di invadere i nostri civili paesi. Si può credere di poter fermare l’immigrazione con delle barriere o con dei blocchi navali. Si può anche aver paura. Si può sentire tutto il peso di essere una piccola comunità che si trova ad avere nel proprio territorio un numero improvvisamente grande di sconosciuti, di persone che vengono da mondi lontani; ci si può opporre al fatto di non essere stati interpellati in questa scelta, e quindi di doverla subire. Se lo si pensa lo si deve dire. Si devono fare gli striscioni. Si deve andare dal sindaco e manifestare il proprio timore, pur anche la propria indignazione.

Ma irrompere in una proprietà privata, scassinare le porte, rompere e distruggere, non è protesta. Fare tutto ciò non è uno scherzo. È cosa seria. È un atto intimidatorio. È una di quelle cose che fanno le mafie, che facevano i fascisti e i loro cugini nazisti. Quando succedono queste cose deve percorrerci un brivido lungo la schiena, dobbiamo tutti aver paura. Se stiamo in silenzio, se lasciamo fare, se non diciamo un chiaro no a questi atti, se non li perseguiamo con la dovuta fermezza, chi lavora per la cooperativa che gestisce le accoglienza ha ragione ad aver paura, ogni profugo che esce per strada ha ragione ad aver paura.

Se trattiamo ciò che è successo nei giorni scorsi a Frassinelle come un atto vandalico, come una bravata, se lo tolleriamo, domani tollereremo le minacce agli operatori? L’incendio alla sede della cooperativa? Il pestaggio del profugo incrociato al giardino? Dobbiamo attendere il giorno in cui il cristiano dovrà aver paura di pensare e di dire che accogliere lo straniero, il debole, la vedova è giusto e conforme al vangelo di Gesu Cristo? Dovremo temere prima di parlare, prima di denunciare, prima di dire il nostro fermo no?

Per questa ragione noi riteniamo che i rappresentanti delle istituzioni (il sindaco di Frassinelle in primis) e le forze dell’ordine debbano perseguire questo atto con la dovuta forza, che deve essere commisurata alla sua estrema gravità.

Da parte nostra diciamo con chiarezza e salda convinzione che la notte scorsa si è superato un limite, e che ciò non deve ripetersi. La Caritas diocesana non è impegnata direttamente nell’accoglienza e nella gestione dei rifugiati e dei richiedenti asilo, ma conosciamo e stimiamo le organizzazioni del nostro territorio che sono coinvolte in questo ambito e che stanno fornendo alla nostra collettività un servizio prezioso. Molti ritengono che il fatto che questo servizio abbia un costo e che quindi ci sia qualcuno pagato per farlo, sia deplorevole, o addirittura uno spreco di denaro pubblico. A tal proposito ci permettiamo di ricordare che altrettanto avviene per i medici e gli infermieri degli ospedali, i quali vengono pagati per dare un servizio a chi soffre ed è in uno stato di infermità. È vero, l’accoglienza costa, e dobbiamo interessarci affinché essa sia efficace e funzionale, così come facciamo per i soldi spesi nella sanità, che vorremmo fossero tutti incanalati al solo fine di curare e guarire chi soffre. Ma se oggi facciamo l’errore di considerare il profugo un costo, un peso, e non un uomo, allora dobbiamo sapere che l’alcolizzato, il disabile, il malato, l’anziano sono un costo. E se le persone diventano un costo, allora possono essere tagliate.


1. RovigoOggi, Il Resto del Carliano, Il Gazzettino, La Voce di Rovigo.

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